L’ULTIMA LUNA DI SETTEMBRE di Amarsaikhan Baljinnyam

Venerdì 22 settembre21.30 
Sabato 23 settembre18.00
Domenica 24 sett.16.30
Lunedì 25 settembre22.00
Mercoledì 27 settembre18.30     

Tulgaa è da tempo andato a vivere in città lasciando il villaggio nella campagna della Mongolia. Una telefonata lo avverte che il patrigno sta per morire e lui lo raggiunge. Dopo il decesso mantiene la promessa fattagli di portare a termine il lavoro di fienagione. Nei campi lo raggiungerà Tuntuulei, un ragazzino decenne che vive con i nonni. I due, poco a poco, impareranno a conoscersi.

Amarsaikhan Baljinnyam, alla sua opera prima, offre l’occasione di conoscere nel profondo un mondo che raramente compare sui nostri schermi.

Lo fa a partire da un romanzo di T. Bum-Erden scrivendo la sceneggiatura, dirigendo e interpretando il ruolo di Tulgaa avendo alle spalle una consolidata carriera di attore. Ha fatto così totalmente propria questa storia che chiede allo spettatore una disponibilità che poi sa ricompensare. Domanda cioè a chi guarda di dimenticare i ritmi e i tempi della narrazione cinematografica occidentale per lasciarsi immergere in un’area antropogeografica in cui la dimensione temporale assume modalità profondamente diverse.

È in fondo ciò che deve fare il protagonista nel momento in cui lascia la città (scopriremo verso la fine del film qual è la sua professione) per ritrovare nella yurta in cui è cresciuto (e nello spazio sconfinato in cui è immersa) un modo di vivere (e di morire) che forse aveva pensato di potersi lasciare per sempre alle spalle. È un luogo in cui bisogna stare in piedi su un cavallo in cima a una collina per poter sperare di avere abbastanza campo per fare una telefonata così come le abitazioni sono davvero distanti le une dalle altre. Questo lascia ampi margini di solitudine che è poi la dimensione in cui Tulga si immerge per portare a termine il lavoro iniziato dal patrigno.

Si tratta però di una solitudine di breve durata perché di lì a poco l’arrivo di Tuntuulei cambierà profondamente non solo i ritmi della sua giornata ma anche il suo modo di guardare agli altri. Il ragazzino nasconde, dietro alla vivacità e anche a quel tanto di sfrontatezza che esibisce, una serie di sofferenze che cerca di esorcizzare raccontando, in primis a se stesso, una realtà immaginaria. Baljinnyam, grazie a questi due personaggi, riesce a mostrare la propria terra e le sue radici culturali ma anche a riflettere sul tema della genitorialità.

STRANGE WAY OF LIFE di Pedro Almòdovar

Venerdì 22 settembre20.30 
Sabato 23 settembre19.30
Domenica 24 sett.18.00
Lunedì 25 settembre21.00 
Martedì 26 settembre21.00 
Mercoledì 27 settembre18.30   19.30    21.00   

Silva attraversa il deserto per raggiungere colui che è stato suo compagno di avventure e amante Jake. I due non si incontrano da venticinque anni e ora il secondo è diventato sceriffo. La passione tra loro non si è mai davvero estinta ma Jake sospetta che il vero motivo di questo incontro sia un altro.

Almodòvar realizza un corto che aspirerebbe al lungometraggio. Dopo avere realizzato nel 2020 The Human Voice Pedro affronta per la seconda volta la lingua inglese.

Lo fa nuovamente con un cortometraggio avvalendosi di due attori del calibro di Hawke e di Pascal. In quella che è stata pubblicizzata come la risposta del regista spagnolo a I segreti di Brokeback Mountain il tema dell’omosessualità resta centrale (anche se entrambi i protagonisti emergono come bisex) più però come passione negata allo sguardo (se si esclude un veloce flashback) che non come sua esplicitazione. Almodòvar infatti utilizza, come si sarebbe fatto in un film del passato, l’ellissi per farci pensare alla notte trascorsa insieme dai due.

Nell’ambito della vasta filmografia del regista questo corto si propone come un esercizio di stile, oltre che di regia di attori, confermando il concetto (non condiviso da molti purtroppo) che il cortometraggio non è solo una palestra per principianti ma una modalità di scrittura cinematografica che mette alla prova anche i maestri che siano disponibili. Quando però costoro sono anche sceneggiatori delle proprie opere l’esito può essere come quello che si presenta in questo caso.

Nella mezz’ora di proiezione si coglie che Pedro avrebbe molto di più da dire e da mostrare in relazione ai suoi personaggi e al loro passato. Le poche pagine di script aspirano ad aumentare di numero quasi che soffrissero della compressione loro imposta. Potrebbe anche accadere. Tenendo questa vicenda come modello per un western alla Pedro, girato, come accadeva un tempo per quelli preceduti dal vocabolo spaghetti, nella sua amata Spagna (anche se qui la canzone che dà il titolo al film è cantata in portoghese). 

ASSASSINIO A VENEZIA di Kenneth Branagh

Giovedì 21 settembre21.00   
Venerdì 22 settembre21.00 
Sabato 23 settembre18.00      21.00
Domenica 24 sett.16.30      18.45     21.00
Lunedì 25 settembre21.00 Versione originale sottotitolata in italiano 
Mercoledì 27 sett.21.00  INGRESSO €5 

Il celebre Hercule Poirot ha detto basta. Nonostante i clienti non smettano di inseguirlo anche a Venezia, dove si è ritirato in pensione, il suo è soprattutto un esilio volontario, un addio alle armi. La vecchia amica Ariadne Oliver, scrittrice di gialli, non vuole però credere che Poirot possa stare lontano da un mistero da risolvere più del tempo di un capriccio, e per questo lo invita, la notte di Halloween, a prendere parte ad una seduta spiritica nel palazzo della cantante d’opera Rowena Drake, convincendolo che sarà divertente, per lui, poter sfatare davanti a tutti il mito della medium Joyce Reynolds. Naturalmente l’occasione si arricchisce di un omicidio e Poirot è costretto, nonostante tutto, a rimettersi al lavoro.

Branagh e lo sceneggiatore Michael Green, al terzo appuntamento con Agatha Christie, scelgono una storia di fantasmi e la malinconia di Venezia sotto la pioggia, riservandosi l’opportunità di virare, all’interno del genere, verso sponde più orrorifiche.

Trasportano dunque “Hallowe’en Party” (da noi come “Poirot e la strage degli innocenti”) lontano dalla campagna inglese dentro un palazzo abitato dagli spettri, assetati di vendetta, dei tanti bambini che in quel luogo hanno trovato la morte ma non la pace. Green gioca con la trama del romanzo, ibridandolo con altri racconti della Christie, e conservando alcuni nomi ed ingredienti ma mutandone l’ordine e le dinamiche interne, mentre Branagh si diverte a muovere un altro cast di tutto rispetto, che comprende certezze quali Tina Fey e Michelle Yeoh, ritorni quali Dorman e Hill (il padre e il figlio di Belfast), e scommesse come Riccardo Scamarcio.
Branagh stesso dosa bene, stavolta, il protagonismo del personaggio e quello della sua persona, riuscendo a far scomparire il secondo dentro il primo, nonostante il plot coinvolga attivamente Poirot, attribuendogli paure, dubbi e allucinazioni. L’inusuale basso profilo del Branagh interprete è d’altronde necessario, in un film che invece non lesina effetti sonori e visivi rubati, appunto, al genere horror, talvolta in maniera prevedibile e poco sofisticata, così come prevedile è il tempo atmosferico da tregenda e la luce plumbea che regna sovrana finché il caso non è chiuso e allora ecco spuntare il sole. Pennellate scontate, dunque, alle quali se ne affiancano, però, anche altre, che dimostrano un uso più accorto dell’ambientazione. Così è per l’utilizzo delle maschere, ad esempio, che riprende il tema di Venezia come nascondiglio ideale, per qualsivoglia genere di scopo.

Giovedì 14 settembre21.00   
Venerdì 15 settembre21.00 
Sabato 16 settembre18.00      21.00
Domenica 17 settembre16.30      18.45     21.00
Lunedì 18 settembre21.00 Versione originale sottotitolata in italiano 
Martedì 19 settembre21.00   
Mercoledì 20 sett.21.00  INGRESSO €5 


Il celebre Hercule Poirot ha detto basta. Nonostante i clienti non smettano di inseguirlo anche a Venezia, dove si è ritirato in pensione, il suo è soprattutto un esilio volontario, un addio alle armi. La vecchia amica Ariadne Oliver, scrittrice di gialli, non vuole però credere che Poirot possa stare lontano da un mistero da risolvere più del tempo di un capriccio, e per questo lo invita, la notte di Halloween, a prendere parte ad una seduta spiritica nel palazzo della cantante d’opera Rowena Drake, convincendolo che sarà divertente, per lui, poter sfatare davanti a tutti il mito della medium Joyce Reynolds. Naturalmente l’occasione si arricchisce di un omicidio e Poirot è costretto, nonostante tutto, a rimettersi al lavoro.
Branagh e lo sceneggiatore Michael Green, al terzo appuntamento con Agatha Christie, scelgono una storia di fantasmi e la malinconia di Venezia sotto la pioggia, riservandosi l’opportunità di virare, all’interno del genere, verso sponde più orrorifiche.
Trasportano dunque “Hallowe’en Party” (da noi come “Poirot e la strage degli innocenti”) lontano dalla campagna inglese dentro un palazzo abitato dagli spettri, assetati di vendetta, dei tanti bambini che in quel luogo hanno trovato la morte ma non la pace. Green gioca con la trama del romanzo, ibridandolo con altri racconti della Christie, e conservando alcuni nomi ed ingredienti ma mutandone l’ordine e le dinamiche interne, mentre Branagh si diverte a muovere un altro cast di tutto rispetto, che comprende certezze quali Tina Fey e Michelle Yeoh, ritorni quali Dorman e Hill (il padre e il figlio di Belfast), e scommesse come Riccardo Scamarcio.
Branagh stesso dosa bene, stavolta, il protagonismo del personaggio e quello della sua persona, riuscendo a far scomparire il secondo dentro il primo, nonostante il plot coinvolga attivamente Poirot, attribuendogli paure, dubbi e allucinazioni. L’inusuale basso profilo del Branagh interprete è d’altronde necessario, in un film che invece non lesina effetti sonori e visivi rubati, appunto, al genere horror, talvolta in maniera prevedibile e poco sofisticata, così come prevedile è il tempo atmosferico da tregenda e la luce plumbea che regna sovrana finché il caso non è chiuso e allora ecco spuntare il sole. Pennellate scontate, dunque, alle quali se ne affiancano, però, anche altre, che dimostrano un uso più accorto dell’ambientazione. Così è per l’utilizzo delle maschere, ad esempio, che riprende il tema di Venezia come nascondiglio ideale, per qualsivoglia genere di