ANORA di Sean Baker

Giovedì  13 marzo21.00
Venerdì 14 marzo21.00
Sabato  15 marzo18.00       21.00
Domenica 16 marzo16.15       18.45         21.00
Lunedì 17 marzo21.00 versione originale sottotitolata in italiano
Martedì 18 marzo
Mercoledì 19 marzo21.00

Anora detta Ani è una ballerina erotica americana di origine russa esperta in lap dance che porta i clienti nei privé offrendo loro servizi extra a pagamento Un giorno nel locale dove lavora arriva Ivan, un ragazzo russo che pare entusiasta di lei e dei suoi molti talenti. Il giorno dopo Ivan invita a casa sua, e Ani scopre che il ragazzo vive in una megavilla ed è figlio unico di un oligarca multimiliardario. Le cose fra i due ragazzi vanno così bene che Ivan porta Ani a Las Vegas e là le chiede di sposarlo. Ma i genitori di lui non sono affatto d’accordo, e mandano una piccola “squadra di intervento” a recuperare il figlio dissennato. Quella che seguirà è una rocambolesca avventura ricca di sorprese , che tuttavia non dimentica di avere un cuore e un occhio alla realtà anche all’interno dell’esagerazione comica.

Con Anora il regista americano Sean Baker si cimenta con la “broad comedy” stile Una notte da leoni (indicativo il passaggio a Las Vegas) e la concitazione dei film dei fratelli Safdie, ma mantiene uno stile indie personale e un piglio autoriale riscontrabili in regia, scrittura e montaggio, tutti peraltro firmati personalmente da Baker, che è anche direttore di casting per il suo film: e il cast è responsabile di una parte importante della sua riuscita.

Mikey Madison, già apparsa in Once Upon a Time in Hollywood, tiene magnificamente la scena nei panni della protagonista, disincantata ma non priva di speranza, realista ma non priva di sogni, irriducibile e mai incasellabile in qualche facile stereotipo. Accanto a lei c’è un gruppo di magnifici interpreti maschili, fra cui spiccano l’irresistibile giovane attore russo Mark Eydelshteyn (una versione più genuina e divertente di Timothée Chalamet nel ruolo di Ivan) e il veterano attore armeno Karren Karaguilian (atore feticcio di Baker qui nei panni di Toros, il padrino di Ivan). Il più bravo è come sempre il russo Yura Borisov (il “gopnik” Igor), già apprezzato in Scompartimento n. 6 e in Captain Volkogonov escaped, cui spetta qui una delle risposte più belle riguardo alla violenza sulle donne.

Il gioco iniziale è quello di raccontare una storia alla Pretty Woman, di cui Anora cita sia uno degli scambi di battute più iconici (“Avrei accettato per duemila” “Sarei arrivato a quattro”) che il nome di Cenerentola abbinato ad una parolaccia, sia infine l’imperativo della protagonista di non baciare sulla bocca i suoi clienti.

Ma la storia di Anora prende tutt’altra piega e dà spazio alle dinamiche fra i personaggi, anche loro apparentemente classificabili secondo le maschere ricorrenti del cinema americano e invece mai così scontati. E il pericolo reale che Ani correrà nel corso della storia è ad appena mezzo grado di separazione dallo svolgimento comico della vicenda narrata.

La regia ricorda lo Scorsese muscolare dei “bravi ragazzi” (la fotografia, come in Red Rocket, è di Drew Daniels), il montaggio è concitato ma fluido, la sceneggiatura vivace e piena di battute perfette per i personaggi che le pronunciano, perché Anora è uno di quei rari film contemporanei in cui contano in egual misura l’azione e i caratteri, anzi, l’azione è una diretta conseguenza delle personalità in scena, che sono coerenti nel loro sviluppo e non interagiscono mai a casaccio, nemmeno nell’hellzapoppin che si viene a creare.

LA CITTà PROIBITA

Giovedì  13 marzo21.00
Venerdì 14 marzo21.00
Sabato  15 marzo18.00       21.00
Domenica 16 marzo16.15       18.45         21.00
Lunedì 17 marzo21.00
Martedì 18 marzo
Mercoledì 19 marzo21.00

Cina, 1979. Due genitori sfuggono all’obbligo del figlio unico mettendo alla luce le bambine Yun e Mei. Mei, la secondogenita, è però costretta a nascondersi sempre per evitare alla famiglia una denuncia. Salto temporale fino a metà anni Novanta: Mei si ritrova nella Roma multietnica del quartiere Esquilino, presso il ristorante cinese La città proibita. Quel luogo è la chiave della ricerca che l’ormai giovane donna ha intrapreso per ritrovare la sorella maggiore, che è diventata una prostituta nella Città Eterna. I destini di Mei si incroceranno con quelli di Marcello, giovane cuoco in un ristorante rivale di cucina tradizionale romana, rimasto insieme alla madre Lorena a gestire il locale dopo la sparizione di suo padre Alfredo. Annibale, un amico fraterno di Alfredo, cerca di dare loro una mano, anche perché detesta il proprietario di La città proibita e i tentativi degli immigrati di diventare “padroni in casa sua”.

Laddove Lo chiamavano Jeeg Robot giocava con l’immaginario audiovisivo dei supereroi applicato alla romanità di margine, La città proibita si muove fra il Kung Fu movie, l’universo tarantiniano e la Roma multietnica.

La regia di Mainetti gestisce con destrezza le scene di azione e si confronta alla pari con i più elevati standard di professionalità del cinema internazionale, in particolar modo quello statunitense (più che quello dell’Estremo Oriente), e la fotografia di Paolo Carnera è come sempre impeccabile.

Quello che lascia purtroppo a desiderare è invece la sceneggiatura, una sorpresa essendo il team di scrittura formato dalla formidabile coppia Stefano BisesDavide Serino, insieme allo stesso regista. L’impalcatura della trama sembra più imperniata sui messaggi da comunicare che sulla fluidità del racconto, e i personaggi risultano fra loro slegati, appaiono e scompaiono all’interno della trama, come se le loro storie individuali faticassero ad integrarsi in una narrazione coesa. L’effetto è quello di un piatto (cino-romanesco) al quale hanno lavorato troppi cuochi attingendo a ricette diverse.

La caratterizzazione più interessante (benché prevedibile visto l’interprete) è quella di Annibale, cui Marco Giallini presta una dimensione dolente e smarrita che rende più articolato il personaggio, e Sabrina Ferilli dà la sua zampata d’attrice al ruolo di Lorena, che però appare privato di una scorrevole progressione narrativa. La stessa mancanza di continuità riguarda anche il personaggio di Mr. Wang (Chunyu Shanshan), più una maschera (etnica) che un essere umano a tutto tondo. L’unica continuità è fornita da Mei (Yaxi Liu, sorprendente sia come atleta che come interprete), che però vediamo quasi sempre in fase di combattimento alla Black Mamba, senza un approfondimento su una personalità che attraversa passaggi repentini (come la trasformazione in turista giuliva nella scena del giro in motorino).